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Come uccidiamo l'amore secondo Galimberti

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Buongiorno lo so tu non hai bisogno dello psicologo, ma potresti aver voglia di saperne un pò di più su come uccidiamo l'amore.

SI COMINCIA SEMPRE DALL'IDEALIZZAZIONE

Partiamo dall’idealizzazione, quel fenomeno che accade a tutti noi nel momento in cui ci innamoriamo di un’altra persona. 
Freud descriveva l’idealizzazione amorosa come quella tendenza che falsa il nostro giudizio, dove l’Io, ossia la nostra parte
più razionale, diventa sempre meno esigente e umile e dove invece la persona amata viene sempre più percepita come magnifica
e preziosa. Così tanto preziosa che arriva a impossessarsi dell’intero amore che l’Io prova per sé defraudandolo.

È come se attraverso l’idealizzazione, l’amore che abbiamo verso noi stessi venga sacrificato e spostato all’esterno, verso la persona amata. Senza di lui o lei non siamo allora più in grado di amarci, l’amore che proviamo verso noi stessi passa attraverso l’altro. 
Ma perché accade questo, perché idealizzare l’altro?

IDEALIZZARE è QUALCOSA CHE IMPARIAMO DA BAMBINI

Il processo dell'idealizzazione è qualcosa che impariamo da bambini, è il modo in cui entriamo in contatto con le figure più importanti del mondo, ossia chi si prende cura di noi. 
Dobbiamo tenere a mente infatti che l’idealizzazione è un meccanismo di difesa, che attuiamo tipicamente da bambini verso i nostri genitori. Quando si è bambini infatti tendiamo ad attribuire un senso di unicità ai nostri genitori, arrivando a idealizzarli perché da loro dipende la nostra vita e la nostra protezione.

E ciò è fondamentale perché attraverso questa idealizzazione dei nostri genitori noi possiamo sviluppare quella fiducia di base nelle altre persone che sarà poi fondamentale per stare in contatto con gli altri e che ci consente di entrare con loro in relazione. 
Come sarebbe la vita di un bambino, se già da piccolissimo vedesse i genitori per ciò che sono realmente?
Come potrebbe sentirsi sicuro di sapere che la sua sopravvivenza dipende da persone incoerenti, inaffidabili e con più ombre che luci?

E allora il nostro funzionamento psichico si è strutturato in modo da operare questo processo di idealizzazione, dandoci dunque un’immagine dei nostri genitori perfetta. 
E questo è lo stesso meccanismo che si mette in moto quando attraverso l’idealizzazione ci innamoriamo nell’età adulta, infatti possiamo definire l’idealizzazione a livello di funzionamento psichico come una vera e propria regressione infantile.

E come fossimo bambini nel momento in cui siamo innamorati cresce in noi la convinzione che ciò che vediamo dell’altro sia la sua vera forma e che sarà così per sempre. Ma come tutti sappiamo, prima o poi gli effetti della magia si dissolvono e il trucco viene a galla. 
Peccato potremmo pensare, sarebbe bello poter sentire per sempre l’amore verso la persona amata come nei primi mesi di una storia. La nostra vita sembra perfetta l’altro è il centro del nostro mondo e non ci manca nulla. O forse si?

IL PERICOLO DI UN AMORE SENZA FINE

Beh perché da un altro punto di vista il fatto che l’altro sia il nostro centro del mondo potrebbe essere a lungo termine un bel problema, potrebbe finire per impoverirci. Si perché quando siamo innamorati tutto ciò che ha valore non appartiene più a noi ma è proprietà dell’altro, non potremmo più esseri completi individualmente.

La nostra felicità, il nostro valore, ciò che fa sentire vivi non è più solamente nostro. E questo non potrebbe essere sostenibile a lungo termine, sarebbe una condizione inusuale per il nostro funzionamento psichico. 
E allora la nostra stessa natura che mette in moto l’idealizzazione, a un certo punto per bilanciare le cose mette in atto altri meccanismi che riportano la situazione in equilibrio. Sarà esperienza di tutti infatti che dopo un certo periodo di tempo quella sensazione di avere a che fare con un essere perfetto comincia a svanire. 
Cominciamo ad appiattire l’altro, a ricercare i difetti e a spogliarlo della sua eccezionalità.

E attenzione non solamente perché vediamo l’altro come si crede in modo più oggettivo. L’idea che abbiamo degli altri non è mai oggettiva ma è filtrata da noi stessi. La realtà è che noi vogliamo vedere l’altro come più prevedibile, più famigliare, perché in questo modo ci difendiamo dal pericolo del dolore dallo stare male. 
Perché non siamo mai così fragili ed esposti così come quando amiamo.

TI UCCIDO PRIMA CHE TU UCCIDA ME

Diventa allora una gara a chi uccide prima l’amore, a chi uccide prima l’immagine poetica dell’altro, perché sarebbe estremamente doloroso dipendere da qualcuno che a un certo punto ci potrebbe non amare più.
Se il destino è di perdere l’altro allora è molto meglio perdere un altro qualsiasi, una persona come tante, come tutte le altre, piuttosto che un essere speciale. 
Meglio spegnere subito una stella e offuscarne la luce, piuttosto che correre il rischio che quella stella non splenda per noi. Brividi sì, ma brividi sicuri.

Possiamo pensare che come per paradosso noi siamo in grado di accedere ogni volta che ci innamoriamo al vero amore, ma che poi noi stessi incosciamente finiamo per ucciderlo a causa del timore che ci possa ferire, disintegrare.
E così ci convinciamo che quello non fosse il vero amore e che ce ne sarà un altro sempre migliore.

Ma come dice Galimberti "ci poggiamo sul sano realismo per evitare di soffrire" ma come aggiunge Wallace Stevens, "esso è l'ultima illusione che costruiamo per difenderci anticipatamente dalla disillusione. Ma in queste regioni, abitate dalla prudenza scambiata per «esame di realtà», non è dato incontrare le cose d'Amore.”


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Info sull'autore

Mi chiamo Marco Naman Borgese e sono uno psicologo, PhD student presso l’Università degli studi di Salerno, psicoterapeuta ad approccio strategico integrato e sono certificato come practitioner EMDR ed esperto in Mindfulness MBSR.
Collaboro come mental coach con atleti di alto livello, troverai nel sito alcune testimonianze, collaboro inoltre nell'atletica con la velocità delle Fiamme Gialle e la Vero Volley, mentre in passato ho collaborato con la Stella Azzurra basketball.
Sono docente presso il corso Uefa Pro dell'Università del calcio di Coverciano, nel Master in psicologia digitale di Idego e nel Master Giunti in psicologia dello sport.

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