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Una ricerca spiega come i disturbi intestinali causino disturbi mentali

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Buongiorno lo so tu non hai bisogno dello psicologo, ma potresti aver bisogno di conoscere un'importante ricerca che spiega come i problemi intestinali siano in grado di generare disturbi ansiosi e depressivi.

L'ARTICOLO PUBBLICATO SU SCIENCE

Da tempo siamo a conoscenza di come alcuni disturbi dell’intestino cronici o stati infiammatori prolungati dello stesso, siano in grado di avere un impatto significato nella genesi di disturbi ansiosi e depressivi, ma quello che sino a oggi ci mancava era una comprensione di come ciò potesse avvenire.

In questi giorni però è stato pubblicato un articolo sulla rivista Science, da parte di un gruppo di ricercatrici italiane, che sembra offrirci una spiegazione illuminante, in grado di aprire le porte a nuove prospettive terapeutiche.

Infatti lo studio pubblicato sembra essere riuscito a spiegare quale sia il meccanismo d’azione per cui disequilibri o stati di infiammazione intestinale abbiano in circa il 40% manifestazioni associate di tipo ansioso e depressivo.

COSA C'E' SCRITTO NELL'ARTICOLO?

"Quando il plesso coroideo si chiude, blocca non solo il passaggio di quelle sostanze chimiche tossiche, ma  anche il passaggio di altre molecole o componenti che sono indispensabili per il corretto funzionamento del nostro cervello."

Cerco di spiegarlo nel modo più semplice possibile. Nel momento in cui nell’intestino è presente uno stato di infiammazione, esso immetterebbe nel flusso sanguineo dei segnali chimici tossici, che dovrebbero arrivare al cervello, perché avrebbero lo scopo di comunicargli che l'intestino si trova in uno stato di sofferenza.

Questi segnali partendo dunque dall’intestino viaggerebbero verso l’alto attraverso la circolazione sanguinea, arrivando siano alle porte al cervello, ma poco prima di riuscire ad accedere alle strutture cerebrali, tali segnali sarebbero intercettati e bloccati da una struttura specifica che agirebbe come un filtro.

La struttura che opererebbe da filtro si chiama plesso coroideo e ha la funzione di un vero e proprio cancello. Infatti nel momento in cui il plesso coroideo rileva che stanno attraverso il sangue accedendo questi segnali tossici inviati dall’intestino, si chiude impedendone il passaggio. Scopo di tale chiusura del plesso sarebbe quella di impedire che questi segnali chimici, che come detto sono anche potenzialmente tossici, possano creare degli stati infiammatori anche nel cervello stesso.

Questa funzione che ha un ruolo dunque estremamente utile e di protezione per la nostra salute, ha però al tempo stesso un limite. Infatti quando il plesso coroideo si chiude, blocca non solo il passaggio delle sostanze chimiche tossiche, ma blocca anche il passaggio di altre molecole o componenti che sono indispensabili per il corretto funzionamento del nostro cervello. E se questo accade sporadicamente non c'è nessun problema, ma quando ciò si verifica in modo continuativo nel tempo possono subentrare dei problemi.

IL CASO DELLA SEROTONINA

Per fare un esempio di come questo meccanismo possa causare dei problemi, possiamo citare il caso della serotonina, un neurotrasmettitore indispensabile per il corretto funzionamento del nostro cervello, che viene in parte prodotto nel nostro intestino per poi essere inviato al cervello.

Se come però come abbiamo detto sinora, il plesso coroideo si chiude in modo continuativo per stati prolungati di sofferenza dell'intestino, la serotonina prodotta dall'intestino non è più in grado di giungire all'interno del cervello per stati prolungati di tempo, creando dunque degli squilibri nel funzionamento del nostro sistema nervoso centrale.

Non a caso a oggi i farmaci più utilizzati per il trattamento dei disturbi ansiosi sono definiti SSRI, ossia dei farmaci che hanno come obiettivo principale quello di bloccare l'assorbimento, da parte di alcuni recettori del nostro cervello, della serotonina. Permettendo in questo modo che ne rimanga di più libera all'interno del cervello stesso.

come è arrivato il gruppo di ricercatrici a studiare proprio il plesso?

Ci sono arrivate poiché da tempo era loro noto come in pazienti affetti da coliti ulcerose in circa il 40% dei casi presentasse anche dei sintomi di disagio mentale di natura ansiosa e depressiva. Una volta compreso allora come questo evento non fosse spiegabile dal caso, si sono cominciate a interrogare cosa potesse causare questa correlazione.

E nella costruzione delle ipotesi della ricerca sono partite da un'altra loro scoperta, infatti qualche anno fa lo stesso gruppo di ricerca aveva scoperto una struttura che operava come un filtro, posta tra intestino e fegato, la quale avevo lo scopo di impedire la diffusione dei batteri. Questa struttura si chiama barriera vascolare intestinale.

E qui è il punto di svolta, perché l’intuizione geniale del gruppo di lavoro è stata quella di comprendere come potessere esistere un meccanismo simile anche nel cervello, il quale potesse essere responsabile della correlazione tra disturbi intestinali e disturbi mentali.

Una volta avuta questa illuminazione è stato possibile individuare la struttura responsabile, attraverso una metodica detta Single Cell Sequencing, che le ha portate a inviduare il plesso coroideo proprio la struttura responsabile di questo meccanismo.

una scoperta CHE APRE a tante ipotesi

Una scoperta come questa che stiamo raccontando porta con sé tante domande a cui cercare di offrire una risposta:

  • In quali altre malattie del cervello potrebbe essere coinvolta una struttura simile?
  • Quanto una simile struttura depotenzia chiudendosi l'accesso per esempio dei farmaci nel cervello?
  • Riuscire a tenere maggiormente aperto il plesso coroideo, potrebbe essere in grado di rappresentare una svolta nel trattamento dei disturbi mentali?

Non avendo io alcuna risposta vi lascio qui le parole di una delle responsabile dello studio,la professoressa Matteoli:

“Siamo di fronte a un’ulteriore dimostrazione che un’attività immunitaria non solo eccessiva ma anche insufficiente sia dannosa per la funzione del sistema nervoso. Adesso sarà importante definire i meccanismi attraverso cui questo avviene. Stiamo studiando la microglia, ossia le cellule immunitarie presenti nel cervello. Sappiamo che la loro attività può essere influenzata dai segnali provenienti dal sistema immunitario periferico e molti studi, anche del nostro laboratorio, hanno confermato che la microglia influenza in modo importante la funzione della sinapsi. La sinapsi è il sito di contatto tra neuroni ed è la sede di tutti i processi alla base del funzionamento del cervello, inclusi apprendimento e memoria. Rappresenta quindi il bersaglio più promettente da analizzare nei prossimi studi”.

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