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E' possibile riconoscere persone sane in un manicomio?

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Buongiorno lo so tu non hai bisogno dello psicologo, ma potresti aver bisogno di saperne di più sullo studio che ha dimostrato come fosse impossibile riconoscere persone sane in un manicomio.

Negli anni 60' ci si cominciò a interrogare se le diagnosi psichiatriche fossero oggettive

Negli anni 50' con la pubblicazione della prima edizione del DSM, si cominciò a ritenere che le malattie mentali potessero essere diagnosticate in modo netto e oggettivo.
A partire dagli anni 60' emerse però un numero crescente di critiche, le quali ritenevano che le diagnosi psichiatriche non fossero così oggettive come si voleva far credere, ma che piuttosto fossero più simili a delle interpretazioni e quindi soggette a pregiudizi impliciti anche in psichiatri o psicologi esperti.

Il professor Rosenhan ideò un esperimento per verificare tale ipotesi

Per sottoporre a verifica quest'ultima ipotesi il professor Rosenhan decise di far ricoverare in diversi ospedali psichiatrici persone che mai avevano sofferto di disturbi psichiatrici.
L'idea alla base dello studio era semplice ma geniale, se la diagnosi di un disturbo psichiatrico fosse basata su parametri oggettivi, allora gli psichiatri dovrebbero essere in grado di distinguere una persona realmente affetta da disturbi psichiatrici da una che semplicemente finge.

Le istruzioni seguite da parte dei partecipanti allo studio

I partecipanti fissarono un appuntamento in uno degli ospedali e durante il colloquio riferirono di aver sentito alcune voci sconosciute che sembravano parlare loro.
A parte ciò i partecipanti riportarono tutte informazioni veritiere sulle loro vite e dopo essere stati ricoverati smisero immediatamente di simulare qualsiasi sintomo psichiatrico.
Durante i successivi controlli inoltre riferirono da subito che stavano bene e che il sintomo non si fosse più presentato.

Le diagnosi emesse sui partecipanti furono del tutto errate

I partecipanti vennero tutti ricoverati con un tempo compreso tra i 7 e i 52 giorni.
Undici partecipanti ricevettero una diagnosi di schizofrenia e dimessi con una diagnosi di schizofrenia in remissione, nonostante non avessero più presentato alcun sintomo.
Sembra dunque che una volta ricevuta una diagnosi, i partecipanti non potessero più sfuggirgli, nonostante si fossero comportati in modo del tutto normale immediatamente dopo il ricovero.

I comportamenti normali venivano comunque visti come anormali

Secondo il professor Rosenhan le diagnosi fatte furono ritenute così certe che molti dei comportamenti normali dei partecipanti furono o trascurati o interpretati male, come per esempio il fatto che alcuni camminassero su e giù o che scrivessero frequentemente.
In presenza di una diagnosi di schizofrenia, questi comportamenti infatti divennero sintomi e non furono letti come azioni mosse semplicemente dalla noia o dal fatto che un partecipante fosse uno scrittore.

La conclusione finale a cui giunse il professor Rosenhan

Secondo Rosenhan l'esperimento da lui ideato dimostrava in modo chiaro che non fosse possibile distinguere i sani dai pazzi negli ospedali psichiatrici e che piuttosto fossero gli stessi ospedali psichiatrici a produrre degli ambienti speciale in cui i significati del comportamento possono essere facilmente fraintesi.
Tale studio fu uno dei primi a supportare l'idea che non fosse così semplice la strada per una classificazione diagnostica dei disturbi mentali.


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Info sull'autore

Mi chiamo Marco Naman Borgese e sono uno psicologo, PhD student presso l’Università degli studi di Salerno, psicoterapeuta ad approccio strategico integrato e sono certificato come practitioner EMDR ed esperto in Mindfulness MBSR.
Collaboro come mental coach con atleti di alto livello, troverai nel sito alcune testimonianze, collaboro inoltre nell'atletica con la velocità delle Fiamme Gialle e la Vero Volley, mentre in passato ho collaborato con la Stella Azzurra basketball.
Sono docente presso il corso Uefa Pro dell'Università del calcio di Coverciano, nel Master in psicologia digitale di Idego e nel Master Giunti in psicologia dello sport.

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