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Uso di stimoli subliminali nel trattamento di disturbi ansiosi

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L’uso di stimoli subliminali per il trattamento di disturbi fobici non è nuovo, sulla rivista The Lancet è possibile individuare un articolo di Tyrer et al. del 1978 che dimostrerebbe come l’esposizione a stimoli subliminali fosse stata in grado di ridurre il disagio riferito da parte dei soggetti rispetto situazioni agorafobiche.
L’esperimento prevedeva una serie di 6 incontri da 40 minuti in cui i soggetti osservavano dei video con stimoli agorafobici camuffati.

L’articolo a un’analisi attenta presenta però delle possibili limitazioni, in primo luogo tutti gli outcome della ricerca sono esclusivamente auto compilativi, con possibili bias da parte dei soggetti e inoltre all’interno dello studio non è dimostrata una superiorità di tali esposizioni subliminali rispetto invece a un secondo gruppo che aveva visionato gli stessi stimoli ma in maniera conscia.
Infatti sia le esposizioni inconsce che quelle consce producevano una riduzione del disturbo fobico.

In realtà quest’ultima apparente limitazione potrebbe essere giustificata da successive ricerche condotte da Joseph LeDoux, che potrebbero portare a pensare che nell’esperimento sopracitato entrambi i gruppi abbiano effettivamente sperimentato una riduzione dell’attivazione in risposta a scenari fobici, ma come questa sia avvenuta per ragioni diversi che possono essere spiegate dalla teoria della doppia via.

LeDoux comincia a elaborare questa teoria (LeDoux 1992) a partire dai suoi studi sull’amigdala dei topi scoprendo come questa sia coinvolta soprattutto nelle emozioni di rabbia e paura e successivamente da queste ricerche sul funzionamento animale si è spostato poi a studi sul cervello umano.

Attraverso una serie di studi successivi raccolti in LeDoux 2003, dimostra come la porzione di amigdala collocata nell’emisfero destro si attivi più di quella collocata nell’emisfero sinistro, quando un essere umano prova un'emozione forte, come per esempio una forte paura.

Inoltre LeDoux è stato in grado dimostrare come l'amigdala faccia parte di un circuito: essa è uno dei punti di snodo attraverso la quale passano le informazioni elaborate dal cervello. Nel 1996 questa teoria viene definita da LeDoux teoria della doppia via.

La teoria prevede una prima definita “via bassa”, che partirebbe dal rivelamento da parte degli organi di senso di stimoli esterni che verrebbero convertiti in impulsi elettrici. Questi impulsi verrebbero poi trasmessi al primo "stadio" del percorso di elaborazione ossia il talamo e da qui poi raggiungerebbero l’amigdala dove verrebbero poi attuati una serie di “ordini” all’organismo.
Viene appunto definita via bassa perché essa non richiederebbe l’intervento di strutture più cognitive come la corteccia, ma risponderebbe in maniera più veloce ed automatica a degli stimoli.

La seconda via sarebbe definita invece via alta e a differenza della via precedente parte dell’informazione verrebbe trasmessa dall’amigdala alla corteccia, dove avverrebbe un’elaborazione più profonda ma più lenta rispetto la precedente.
Se immaginassimo una situazione di pericolo oggettivo con la vista per esempio di un serpente, vi sarebbero una serie di prime reazioni ordinate dalla via bassa come scappare dalla tigre, mentre nel caso di pericoli meno imminenti le informazioni avrebbero il tempo di seguire la via alta consentendo un’elaborazione cognitiva.

Questi due sistemi sarebbero fondamentali per la sopravvivenza, infatti per prendere coscienza di uno stimolo esterno, devono passare circa 300 millisecondi e una serie di studi (Dehaene et al. 2004) hanno dimostrato come la coscienza sia correlata all'attivazione delle aree corticali.

Partendo da tali presupposti, tale teoria tenta di individuare una possibile limitazione nel trattamento della sintomatologia ansiosa attraverso strategie esclusivamente consce. Infatti da quanto emerso dagli studi di Ledoux, le emozioni coinvolgono in particolar modo l’amigdala che non sempre comunica con la corteccia e questo consentirebbe di comprendere perché alcune volte non sia così facile comprendere le emozioni o il perché le stiamo provando in una determinata situazione.
Non siamo in grado con la logica di spiegare come mai stiamo subendo un’attivazione fisiologica in maniera inaspettata.

Questa tesi è stata sostenuta anche da psicologi come Robert Zajonc esperto in studi su stimoli subliminali, il quale ha ipotizzato che queste due vie seguano sistemi di elaborazione diversi: la via alta basata su logiche deduttive, mentre la via bassa su logiche di tipo puro legata allo stimolo del tipo stimolo-risposta.

Tale visione se confermata consentirebbe di comprendere come mai vi sarebbe la possibilità di improvvisi attacchi di panico in situazioni del tutto imprevedibili. Potremmo ipotizzare un allarme della via bassa in risposta a uno stimolo mal interpretato o basato su memorie inconsce del passato, che attivano il meccanismo attacco-fuga necessario sino a oggi alla sopravvivenza.
Con lo sviluppo però della corteccia e del dialogo interiore, questo si sarebbe scontrato con processi di ruminazione mentale, generando poi lo sviluppo di ansia che differisce dalla paura.

Secondo Ledoux infatti ansia e paura coinvolgerebbero meccanismi cerebrali differenti essendo due stati “emotivi” differenti, per LeDoux infatti esistono prove per cui le emozioni non sarebbero che il risultato di processi cognitivi derivanti da interpretazioni di informazioni neurovegetative.

Secondo LeDoux si manifesterebbero nelle terapie convenzionali il limite di operare solamente sulla via alta e mai su quella bassa, non riuscendo in questo modo a estinguere mai completamente la risposta fisiologica. Al momento le sue ipotesi sono state verificate da uno studio piuttosto complesso condotto da Taschereau-Dumouchel et al 2018, che illustro qui di seguito.

30 partecipanti con punteggi elevati su scala likert per fobia verso ragni e serpenti sono stati coinvolti in un primo studio condotto da Taschereau-Dumouchel et al. 2018, il quale ha cercato di esplorare queste ipotesi verificandole con una procedura da loro definita rinforzo neurale inconscio, ossia si tratterebbe di rinforzare in modo positivo con dei premi, quando il soggetto pensa in maniera automatica e inconscia a immagini per lui fobiche.

Ma come è possibile stabilire quando un soggetto pensa a qualcosa di cui non ha accesso a livello cosciente e di cui quindi non è consapevole? Per farlo i ricercatori hanno utilizzato due diverse tecnologie la risonanza magnetica funzionale e l’intelligenza artificiale.

Nel corso del loro studio 15 soggetti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale mentre venivano presentate loro 40 fotografie tra le quali erano presenti anche foto di serpenti e ragni. Le foto erano presentate non in modo subliminale ma a livello cosciente. Lo scopo era infatti capire cosa accadesse nel cervello quando il soggetto visualizzava immagini per lui fobiche.

Successivamente l’intelligenza artificiale ha cominciato a stabilire a partire da questi 15 soggetti cosa ci dovesse aspettare che accadesse nel cervello quando si cominciava a recuperare una memoria di un ragno o di un serpente.

Successivamente su altri 15 soggetti invece è stata usata la procedura sperimentale nota come rinforzo neurale inconscio, ossia invece che mostrare direttamente 40 fotografie dove vi erano anche quelle dei ragni o dei serpenti, venivano mostrate immagine neutre come un cerchio grigio. I soggetti mentre eseguivano il compito erano sottoposti anche loro a FMRI.
Quando l’intelligenza artificiale si accorgeva che anche senza presentare lo stimolo, questi soggetti spontaneamente pensavano a un ragno o un serpente venivano premiati con una somma di denaro.

I ricercatori trovato una riduzione specifica della risposta alla paura fisiologica per la categoria target dopo il rinforzo neurale (la risposta dell'amigdala è diminuita per la condizione target [ t (16) = 2,41; P = 0,028] ma è rimasto invariato per la condizione di controllo [ t (16) = 0.40; P = 0,69] e ha mostrato una significativa interazione tempo per condizione [ F (1,16) = 5,57; P = 0,031]

Una possibile critica allo studio è che i diversi soggetti come è lecito aspettarsi possano presentare attività cerebrali differenti pur pensando alla stessa cosa. Ma secondo i ricercatori questo è superabile grazie a un metodo basato sull’intelligenza artificiale chiamato iperallineamento per cui è possibile stabilire tenendo conto delle differenti attività cerebrali degli individui, quando quella persona stia pensando in maniera spontanea a una specifica cosa, basandosi su un modello precedente creato su di altre persone che illustra cosa accade quando pensano anche loro a quella cosa specifica.

In sostanza si tratta di una deduzione computazionale di come dovrebbe apparire l’attività cerebrale associata all’immagine di un serpente ottenuta non dal soggetto in esame ma da un certo numero di altri soggetti.

Un ulteriore studio è stato condotto da Koizumi et al. (2016) che ha ancora esplorato il meccanismo del controcondizionamento con stimoli condizionati dalla paura che vengono ripetutamente rafforzati con ricompense o con stimoli non minacciosi.
I risultati mostrano che il contro-condizionamento della paura basata sulla corticale visiva è sufficiente per determinare la riduzione delle risposte alla paura comportamentale ed amigdalare, anche in assenza della consapevolezza dei partecipanti sul contenuto dell'induzione neurale e sullo scopo della procedura.

Lipka et al. (2014) esaminano gli effetti della terapia cognitivo-comportamentale (CBT) nei pazienti con disturbo d'ansia. I ricercatori hanno utilizzato la FMRI per valutare le risposte neurali a stimoli correlati al disturbo. I pazienti senza trattamento hanno dimostrato un'iperattivazione anormale nell'amigdala, nel giro fusiforme, nell'insula, nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia prefrontale dorsomediale.

I soggetti che avevano condotto una terapia cognitivo-comportamentale hanno dimostrato una riduzione nell’attivazione di queste strutture circuitali della paura, specialmente nell'amigdala destra e nella corteccia cingolata anteriore, con una correlazione tra la riduzione della reattività dell'amigdala ed il miglioramento auto riferito dei soggetti rispetto i sintomi. Tuttavia, la minaccia subliminale ha indotto un modello di iperattivazione della parte laterale destra nell'amigdala e nel circonvulazione fusiforme che non ha mai ridotto la sua attività in nessuno dei due gruppi.

Secondo gli autori questo studio l’attivazione dell'amigdala durante la condizione subliminale dimostrerebbe come la paura fobica sia mantenuta dall'attività cerebrale automatica inconscia.

In conclusione una meta-analisi del 2012 di Brooks et al. ha dimostrato come assenza di consapevolezza, gli stimoli suscitanti subliminalmente attivino le regioni cerebrali centrali associate alle regioni cerebrali somatosensoriali, emotive, della memoria e visive.
4 su 6 studi hanno inoltre rilevato un’attivazione nel cingolo anteriore bilaterale e nelle cortecce insulari bilaterali. Dalle meta-analisi emerge come stimoli subliminali che suscitano diverse modalità hanno schemi distinti di attivazione come ad esempio se il contenuto sia visivo, uditivo o di altro tipo. Secondo gli autori una scoperta significativa è che questa attivazione sia presente nel caso di volti presentati in maniera subliminale. È possibile che il vantaggio evolutivo nell'uomo, riconoscere il contenuto emotivo di un viso e regolare di conseguenza il comportamento, sia così profondamente incorporato nei sistemi neurologici da renderlo rapido e automatico, senza la necessità iniziale di una valutazione di ordine superiore.

BIBLIOGRAFIA

  • Brooks S.J., Savov V., Allzén E., Benedict C., Fredriksson R., Schiöth H.B. (2012). Exposure to subliminal arousing stimuli induces robust activation in the amygdala, hippocampus, anterior cingulate, insular cortex and primary visual cortex: a systematic meta-analysis of fMRI studies. Neuroimage;59(3):2962-2973.
  • Dehaene S., changeux J.P. (2004). Neural mechanisms for access of consciousness. In m. Gazzaniga (a cura di), the cognitive neurosciences iii. Cambridge (ma), mit press.
  • Ledoux, J. E. (1992). Emotion and the amygdala. In j. P. Aggleton (ed.), the amygdala: neurobiological aspects of emotion, memory, and mental dysfunction (p. 339–351). Wiley-liss.
  • Ledoux, J.E. (2003). The emotional brain, fear, and the amygdala. Cellular and molecular neurobiology. 23. 727-38. 10.1023/a:1025048802629.
  • Lipka J., Hoffmann M., Miltner W.H-, Straube T. (2014). Effects of cognitive-behavioral therapy on brain responses to subliminal and supraliminal threat and their functional significance in specific phobia. Biol Psychiatry;76(11):869-877.
  • Taschereau-dumouchel V., Cortese A., Chiba T.,Knotts J.D., Kawato M., Lau H.(2018). Towards an unconscious neural reinforcement intervention for common fears proceedings of the national academy of sciences, 115 (13) 3470 3475.
  • Tyrer P., Horn S., Lee I. (1978). Treatment of agoraphobia by subliminal and supraliminal exposure to phobic cine film, The lancet, volume 311, issue 8060, 1978,pages 358-360
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